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11 gennaio 2009

Facebook tra mafia e privacy

Facebook è certamente un grande successo anche in Italia, con 5 milioni di iscritti in pochi mesi e centinaia di aziende ed enti pubblici che fanno gara a oscurare il sito del celeberrimo social network, per evitare che i dipendenti vi rimangano connessi per troppo tempo.
Chi però è veramente "uscito pazzo" per Facebook è la stampa italiana, che scopre grazie ai gruppi per Totò Riina che la mafia in Sicilia e in Italia ha sempre goduto di una solidarietà e di una simpatia impensabili ma sicure in larghi gruppi della popolazione, senza le quali non avrebbe retto anche a formidabili offensive poliziesco-giudiziarie. C'è da chiedersi se c'era bisogno di Facebook per scoprirlo.
Due milioni di persone hanno comprato e letto il libro di Saviano sulla camorra, e grazie a Facebook scopriamo che forse per altrettanti sarebbe stato meglio non pubblicare affatto quel libro, perché "dà una pessima immagine del Bel Paese".
Grazie alle foto messe on line su Facebook da alcune infermiere torinesi un po' buontempone, scopriamo che in molti ambienti sanitari non c'è un eccessivo rispetto della dignità e della privacy dei pazienti.
E' come se l'Italia sommersa fosse venuta fuori grazie a Facebook, che così svolgerebbe un ruolo meritorio. In realtà Facebook è un segno preoccupante di come certi media si siano allontanati troppo dalla realtà e dal costume degli italiani: preoccupati a seguire le chiacchere di palazzo dei politici e i gossip dei Vip, hanno perso di vista gli italiani in carne e ossa.

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